A Roma Lungotevere, un incontro dei Ministeri Femminili contro la violenza
La cronaca nera riempie giornali e servizi televisivi di fatti che sono un pugno allo stomaco. Violenze di ogni tipo culminano in omicidi e femminicidi, l’uccisione delle donne in quanto donne. Quello che leggiamo o vediamo è la punta di un iceberg emerso da un oceano profondo e torbido. Nella maggioranza dei casi, proprio dentro le mura domestiche si vivono relazioni tossiche tramandate più o meno consapevolmente ai figli. Un terreno fertile di sopraffazioni.
Sabato 28 giugno, i Ministeri Femminili della chiesa avventista di Roma Lungotevere hanno organizzato un incontro per far luce su un tema tanto delicato quanto doloroso: “Criminalità e dinamiche moderne. Un confronto tra giustizia, psicologia e fede per spezzare il ciclo della violenza”. L’appuntamento pomeridiano ha visto la partecipazione della dott.ssa Micaela Piredda, magistrata, e della dott.ssa Simona Abate, dirigente psicologa dell’Ospedale Sant’Andrea e giudice onorario del Tribunale di Sorveglianza di Roma.

La riflessione a due voci ha sollecitato tutti a tenere alta l’attenzione, a cominciare dai contesti familiari. La violenza psicologica ha tanti volti oscuri: ricatti, strumentalizzazioni e manipolazioni anche dei minori, gelosie morbose, stalking, sottrazione di risorse economiche, forme di dipendenza affettiva, controllo. Il La magistrata Piredda si è soffermata su un dato cruciale: “I comportamenti che dal fisiologico virano nel patologico non avvengono alla luce del sole e possono riguardare donne come uomini, partner etero e omosessuali. Per questo motivo si parla di reati contro la persona. Sono fondamentali due aspetti: l’emersione, cioè la presa di consapevolezza di chi subisce, il coraggio di denunciare. E poi la necessità di mantenere in vita i processi” ha affermato.
“Il ciclo della violenza, infatti” ha aggiunto Piredda “è definito così perché ha una circolarità che spesso si interrompe e riprende, avvengono delle riconciliazioni apparenti, di nuovo degli scontri, ancora la tregua e le remissioni di querela. La tempistica di intervento fa la differenza”.
L’incontro ha offerto una panoramica molto approfondita sui segnali disfunzionali nelle relazioni. I campanelli d’allarme da tenere d’occhio con consapevolezza. Denigrazione emotiva, squalifica costante, dipendenze affettive, ipercontrollo da parte di narcisisti alimentano il loro ego patologico minando l’altro.
“Non siamo educati all’affettività, manca un alfabeto emotivo” ha sottolineato la psicologa Abate “Nelle scuole come in casa, scarseggiano gli strumenti per riconoscere ed esprimere le emozioni, la rabbia o la noia. I figli non ricevono quei ‘no’ che fanno crescere, delimitando la sfera di libertà propria e altrui. Il sistema del ‘no’ insegna a tollerare la frustrazione, a capire che l’altra persona non è un mio prolungamento, che non posso superare certi limiti. Spesso, già dalla tenera età si ereditano traumi e modelli relazionali che consideriamo normali e invece non lo sono”.
La psicologa ha citato anche l’impatto delle nuove tecnologie, di bullismo e cyberbullismo, della difficoltà di misurarsi con modelli social irraggiungibili e della responsabilità della rete attorno ai ragazzi: non solo i genitori, anche i nonni, gli zii, gli insegnati, i mentori hanno un ruolo educativo prezioso. Una rete che ha bisogno della cooperazione di tutti per essere efficace. Ognuno con la propria competenza e responsabilità è un tassello vitale, dagli operatori giudiziari ai sanitari, dalle forze dell’ordine alla scuola, alla società nel suo insieme.
Se siamo testimoni o vittime di violenza o stalking, il primo passo è non restare in silenzio e contattare il numero telefonico 1522.
La normativa recente, introducendo il “codice rosso” ha consentito di adottare più celermente i provvedimenti di protezione, ma resta ancora molto da fare: dal collasso delle carceri alla carenza dei posti letto rifugio per mettere in sicurezza le vittime, ci vorrebbe di più. Da segnalare il programma “codice rosa” attivo in ospedali come il Sant’Andrea di Roma, una via preferenziale per l’accoglienza delle vittime già dal pronto soccorso con sala e assistenza dedicate, medico di riferimento, psicologo, assistente sociale, contatto con le forze dell’ordine.
Tutti siamo chiamati a fare la nostra parte, coltivando i valori della vita, del rispetto, dell’amore, quello vero, che non ha nulla a che fare con il possesso. Esiste una sorta di “termometro” da non trascurare. Nelle relazioni sentimentali o amicali, la prima domanda da porsi è: “Mi sento bene? La persona che mi è accanto vuole davvero il mio benessere? Ci stiamo aiutando a crescere, a evolvere, a camminare insieme?”.
Se così non fosse, riflettiamo e stiamo alla larga.
“Ci troviamo in un luogo importante, una chiesa” ha concluso la psicologa Abate “uno spazio adatto dove favorire un’unione trasversale dei nostri linguaggi dalla psicologia, alla spiritualità, alla giustizia”.
I Ministeri Femminili hanno ringraziato le due ospiti con un’orchidea e un cofanetto di libri di Ellen G. White, cofondatrice della chiesa avventista. Un rinfresco ha chiuso il pomeriggio e accolto i partecipanti.
Veronica Addazio