160 anni di Missione. Luisa Chiellini portò il messaggio avventista a Roma
Quest’anno la Chiesa Avventista del Settimo Giorno celebra 160 anni di attività missionaria nel mondo. Vogliamo commemorare questo anniversario anche noi dei Ministeri Femminili, ricordando alcune donne che sono state pioniere del messaggio avventista qui in Italia. La loro opera missionaria ha permesso alla luce della Bibbia di brillare in un’epoca in cui la Scrittura era praticamente sconosciuta ai più. Noi donne di oggi siamo sulle spalle delle donne che ci hanno preceduto e le cui storie possono ispirarci a continuare la loro eredità.
“Siamo donne, non pupattole”.
Luisa, figlia di Ulisse Chiellini e Fanny Varé, nacque a Genova nel 1864 in una famiglia di nobili origini. Visse parte della sua gioventù tra Roma e la Svizzera. A 33 anni si trovava a Basilea dove, durante un periodo di malattia, conobbe dei credenti avventisti. In seguito allo studio appassionato della Bibbia, fu battezzata nel 1896 e divenne membro della Chiesa cristiana avventista del settimo giorno. The Missionary Magazine scrive che Luisa, dopo la conversione, ritornò a Roma dove iniziò la sua opera di testimonianza.
Luisa fu la prima persona a portare l’avventismo nella capitale italiana, sostenuta ben presto da altre tre donne: sua sorella, che era stata battezzata a Londra, e altre due signore americane, madre e figlia di cognome Prescott, che erano venute a visitare l’Italia. Nel libro Granel di sale, Giuseppe De Meo scrive: “Queste quattro donne si dedicano a un lavoro di corrispondenza e di traduzioni… Il loro impegno e il loro influsso sono determinanti per l’opera avventista in Italia”.
Quando le altre donne ritornarono all’estero, Luisa rimase da sola e svolse un’opera mirabile dal punto di vista sociale ed evangelistico, nonostante la sua salute fosse piuttosto precaria. Nella capitale, Luisa Chiellini è stata uno dei punti di riferimento per tutti i 57 anni che seguirono il suo battesimo. Ma non erano tempi facili.
Nel 1908, il past. Charles T. Everson dà vita al periodico L’Ultimo Messaggio, che avrà un’edizione italiana e una americana. La rivista, di frequenza mensile, contiene articoli di carattere teologico, ma anche cronaca e questionari. Luisa Chiellini, donna di cultura, collabora con entrambe le edizioni, il suo nome vi compare ben 47 volte.
Di particolare interesse un suo articolo, contenuto nella rubrica Pro Famiglia, tutto dedicato alle donne. “Siamo donne”, è il motivo che Luisa ripete continuamente, “eguali all’uomo per intelligenza e superiori a questi, per il cuore, abbiamo doveri verso Dio e verso l’umanità… ‘Siamo donne’, non pupattole azzimate, truccate, che si fanno vittime di mode assurde, e si trasformano in un incongruo di vanitosa superficialità che non vivono che per i loro fronzoli; che non si dilettano che in vani piaceri, che non si pascolano che di giornali di mode o di romanzi, più o meno istruttivi, più o meno scientifici… Ogni donna cristiana dovrebbe avere il santo e nobile desiderio di potersi dire, quando giunge alla fine del suo terrestre cammino, che ‘essa ha fatto tutto quel che ha potuto’ per vivere all’altezza del compito assegnatole da Dio, quando la creò, perché da essa emanasse ogni cosa bella, buona, edificante e santa, perché essa fosse ‘il cuore’ di questo triste mondo!…”.
La situazione politica è sempre meno serena e la crisi economica grave. Nel 1914 si fanno sempre più frequenti le notizie riguardanti un imminente conflitto, e Luisa si esprime così: “In queste ore tenebrose, per tutti, si cerca indarno, nelle umane cose, un qualche barlume di luce che rischiari, sia pur blandamente, la via… ma, luce non c’è… e il gemito umano si fa, di più in più, straziante e crudele… e, non trova responso… non trova sollievo… perché, per troppo tempo ahimè! abbiamo, ostinatamente, guardato, confidato e sperato nella terra e nelle cose della terra, anziché in quelle del Cielo… Compresi dal sacrosanto compito, grave di responsabilità solenni, imploriamo forza e grazia, da Dio, per non venir meno in queste ore tenebrose, che preceder debbono, di poco, la suprema e gloriosa aurora… perché, Colui che deve venire, verrà, ormai, presto… per rendere a ciascuno secondo che sarà l’opera sua (Ebrei 10; Apocalisse. 22)”. Nel 1918 la pubblicazione verrà colpita da censura.
Finita la Prima guerra mondiale e l’emergenza del dopoguerra, cerca di organizzarsi per poter coordinare meglio la presenza avventista nel Paese. Nel 1921 nasce il periodico L’Araldo della Verità, edito a Firenze, il cui direttore è Diolode Werner e il redattore F. Foschiatti. Fin dal primo numero, Luisa Chiellini collabora con la rivista e continuerà a farlo anche quando diventerà Il Messaggero Avventista. Scrive articoli di vario genere rivelandosi poetessa, redattrice, traduttrice, autrice di articoli teologici, curatrice di rubriche. Scrive anche per altri giornali come La Vedetta e traduce in italiano vari libri avventisti, tra cui Guida a Gesù (cioè La via migliore) e Gesù nostro Salvatore di Ellen G. White.
Ma, nonostante l’impegno, l’avventismo nella capitale stenta a decollare e non bisogna meravigliarsene. Il periodo fascista e le leggi vigenti ostacolano in ogni modo la propagazione delle notizie e delle idee religiose. Tra il 1929 e il 1930 viene emanata la legislazione dei cosiddetti “culti ammessi”, sorta per meglio controllare le confessioni diverse dalla cattolica, ma, in qualche modo, conferisce a esse anche una certa figura giuridica e alcuni diritti.
Finalmente, il 25 ottobre 1931, la città eterna ha la sua prima sala avventista, ma il periodo politico che la nazione vive, le leggi fasciste, la scarsa libertà spingono alla prudenza. Solo dopo la Seconda guerra mondiale la comunità avventista riprende vigore e acquista un locale per ospitare gli uffici della sede nazionale.
Luisa Chiellini, negli ultimi anni di vita, paralizzata dalla malattia, non può più frequentare la comunità, ma è sempre circondata dall’affetto e dalla stima di tutti. Muore a Roma il 20 gennaio 1953. Non aveva una sua famiglia, ma nella Chiesa ne aveva trovata una più ampia di quella anagrafica. Nel necrologio che appare nell’aprile del 1953 sul Messaggero Avventista, viene definita “colonna portante per moltissimi anni delle pubblicazioni italiane”.
Dora Bognandi
(Tratto dal libro Libere donne in libera chiesa, a cura di D. Bognandi, L. Ferrara e F. Zucca, Adv, 2015, pp. 19-21).