160 anni di Missione. Lea Croce Visigalli: il vangelo a domicilio
Quest’anno la Chiesa Avventista del Settimo Giorno celebra 160 anni di attività missionaria nel mondo. Vogliamo commemorare questo anniversario anche noi dei Ministeri Femminili, ricordando alcune donne che sono state pioniere del messaggio avventista qui in Italia. La loro opera missionaria ha permesso alla luce della Bibbia di brillare in un’epoca in cui la Scrittura era praticamente sconosciuta ai più. Noi donne di oggi siamo sulle spalle delle donne che ci hanno preceduto e le cui storie possono ispirarci a continuare la loro eredità.
Lea Croce Visigalli è stata una di quelle persone che hanno lasciato in me un ricordo vivo, genuino, forte.
Non è stata facile la sua vita. È nata a Montaldo Bormida il 23 aprile del 1924, all’alba del ventennio fascista che poi sfociò nella Seconda guerra mondiale. Giovane donna desiderosa di studiare, in un’intervista che mi rilasciò nel 2001 per conto del Messaggero Avventista, ecco come descrive l’inizio della sua attività di colportrice:
“Il mio primo impatto con il colportaggio risale al 30 settembre 1943, quando arrivai a Firenze per frequentare la nostra Scuola Biblica. Ero felice perché il mio sogno si era avverato. Il periodo storico era molto critico: la guerra rendeva la vita molto difficile e pesante. Il cibo era scarso, si temevano i bombardamenti, ma il desiderio di studiare era così grande che ogni genere di privazioni era sopportabile. Anche il carbone che allora veniva usato per il riscaldamento era scarso e, quando giunse il 15 dicembre, la Scuola chiuse i battenti per riaprirli il 15 febbraio 1944, fino al termine dell’anno scolastico che avveniva il 17 luglio. Così, tutti a colportare. Le camere erano gelide ma colportavamo dal mattino alla sera e il freddo, particolarmente rigido quell’inverno, si sentiva meno.
Iniziò lì la mia avventura. Ricordo che uscii il primo giorno con il past. Giuseppe Ferraro, poi come compagna mi fu affidata Liana Scianza, arrivata da Lubiana. Firenze fu bombardata la prima volta il 25 settembre 1943 e poi ancora l’11 e il 24 marzo 1944. Arrivai cinque giorni dopo il primo bombardamento. Parecchi palazzi erano stati danneggiati, alcuni sembravano illesi all’esterno ma all’interno erano devastati. Ricordo che un giorno entrammo nel portone di un grande palazzo. Sembrava abitato, ma la scala interna non c’era più. Cercavamo di portare una parola d’incoraggiamento e di conforto in quel clima di ansia e di angoscia”.
La missione tramite il colportaggio
Scoprì così il grande talento della sua vita. Non c’erano ostacoli che le impedissero di condividere la sua speranza nel ritorno di Cristo con chiunque e dovunque, senza timori o pregiudizi. Vendeva molte copie di Vivere, Guida a Gesù, Il Re di giustizia viene, I più bei racconti per l’infanzia, Curate la salute, La grande speranza, dapprima a Firenze, poi a Genova, a Venezia, a Trento.
Lea così continua a raccontare la sua storia: “Finì l’anno scolastico 1943-44. Per un anno interruppi gli studi che ripresi, a guerra finita, nel settembre 1945. Nell’estate del 1946 colportai a Genova con Maria Cinzio e Annamaria Boscariol. L’estate successiva, 1947, colportai a Venezia, da sola, e poi a Trento con Lisetta Viotti. Desideravo continuare a studiare e l’unico modo per poterlo fare era guadagnare la retta scolastica con il colportaggio che svolgevo con amore ed entusiasmo.
In Inghilterra
Nel 1948 finii i miei studi e mi diplomai lettrice biblica. Desideravo però conoscere altre scuole e così, dopo un anno trascorso come segretaria del Corso biblico ‘La Voce della Speranza’, a Firenze, decisi di recarmi al Newbold College, in Inghilterra. Per poter pagare la retta inglese, alta per noi italiani, colportai per oltre un anno e mezzo, senza interruzione. Carmela Giorgini, divenuta in seguito la moglie del past. Gianfranco Rossi, fu la mia compagna di quel periodo”.
A Roma
Aveva un modo di fare gentile, Lea, un sorriso che le permetteva di entrare in sintonia immediata con le persone. Di ritorno in Italia, accettò la sfida di lavorare a Roma, dove iniziò a proporre i libri religiosi e la neonata rivista Vita & Salute, partendo da piazza Venezia e percorrendo tutte le strade, senza trascurare Ministeri e uffici, fino alla periferia della città e nei paesi limitrofi.
Così racconta la sfida dei Ministeri: “Avevo sentito dire che era difficile entrarvi per diffondere o vendere qualcosa. Devo dire che io non ho trovato difficoltà. Entravo da sola al mattino, dalle 8.00 alle 8.30, insieme con tutto il personale. Nel giro di pochi giorni avevo fatto conoscenza con i vari portieri; sapevano del mio lavoro e mi facilitavano il compito. Tra il personale ho sempre incontrato molta gentilezza. In quel periodo lavoravo con Adua Carloni e Annamaria Vitiello, che in seguito sposò il past. Luciano Benini. Abitavamo presso la famiglia Bozzacchi, in Via Alcamo 4, quartiere S. Giovanni. Questa famiglia fu per noi come un rifugio, un’oasi di pace e di serenità, una famiglia dove si viveva un evangelo molto pratico. Mamma Bianca è stata per me una madre, una sorella, un’amica, un esempio di amore e di bontà. Il marito era una persona squisita, simpatica e allegra”.
A Milano
“Il 10 giugno 1953 mi sposai con Domenico Visigalli che lavorava da poco a Milano come evangelista” racconta ancora Lea “Riccardo Bongini era pastore e sovrintendente della Missione settentrionale. Milano era un campo nuovo: come sarebbe andato il colportaggio in questa frenetica città?
Decisi di provare e incominciai il mio lavoro in Piazza Missori, proprio in centro, battendo sistematicamente centro e periferia e raggiungendo l’hinterland, Rho, Monza, Desio, Seregno, Saronno, Lissone e poi Melegnano, Lodi, Vigevano. Fu un grosso lavoro e un’esperienza meravigliosa. Oltre a Vita & Salute lavoravo con i libri Il gran conflitto e La Speranza dell’uomo. Nel dopoguerra molti arrivavano a Milano per cercare una sistemazione. A Palazzo Marino, sede del Comune, incontrai molti giovani avvocati che comprarono in blocco La Speranza dell’uomo (ed. 1956, tradotto da Serena Pagano)”.
Il matrimonio con il past. D. Visigalli, appassionato di evangelizzazione, e la nascita delle due figlie, Silvana e Paola, non attenuarono il fuoco missionario che animava la sua vita. Continuò a colportare dovunque il ministero del marito li chiamasse a servire: “Quante Bibbie lasciate, quante iscrizioni al Corso biblico (tutti sapevano che non ero cattolica), ma le discussioni avvenivano in un clima di pacatezza e serenità. Ovunque si instaurava un legame di simpatia reciproca e ogni anno era come rivedere degli amici, dei conoscenti cari”.
In Grecia
Lea aveva raggiunto una professionalità tale che note Case editrici e Compagnie di assicurazione le rivolsero proposte di lavoro estremamente allettanti, ma non ebbe mai un attimo di esitazione nel rifiutare: non poteva tradire il suo Gesù. Non esitò neppure a esercitare il suo ministero in Grecia, dove il marito ricoprì per alcuni anni l’incarico di Presidente della Missione Greca, svuotando dei suoi libri la casa editrice locale.
I problemi di salute
Non la fermarono neanche la terribile malattia che colpì i suoi piedi e i due infelici interventi chirurgici che ne aggravarono la situazione.
Non potendo più percorrere le strade per entrare in contatto con le persone, colportava per telefono e per posta, riallacciando così preziosi rapporti con vecchi clienti ai quali proponeva le novità della casa editrice. Le persone che la conoscevano si fidavano dei suoi consigli e acquistavano le pubblicazioni proposte.
Per alcuni anni fummo vicine di casa a Roma e in diverse occasioni, passeggiando nei dintorni, Lea mi raccontava la sua passione per Cristo e per il colportaggio. I ricordi delle tante esperienze vissute le illuminavano gli occhi e il viso, e, mentre raccontava, il suo corpo martoriato sembrava ricevere nuovo vigore, assumendo l’atteggiamento di chi era pronto a partire per bussare alle porte. Quando le chiedevo come stava, lei mi raccontava, senza autocommiserarsi, senza enfatizzare, le ore dedicate al mattino per calzare le scarpe in maniera corretta, in modo da resistere tutto il giorno. Poi, mi raccontava i suoi sentimenti, i ricordi, le gioie vissute, e la donna forte e positiva prendeva il sopravvento.
Lea si è addormentata il 24 novembre 2008, lasciando a tutti la testimonianza di una donna che ha contribuito senza risparmiarsi alla diffusione del Vangelo.
Grata al Signore
Mi piace quindi concludere questo capitolo a lei dedicato con le parole finali di quell’intervista: “Ringrazio il Signore per la gioia che mi ha dato di colportare per tanti anni, di incontrare tante persone, di parlare loro del suo amore. Lo ringrazio per aver avuto tanti amici, per aver potuto dare e ricevere tanta simpatia. Se chiudo gli occhi scorrono davanti a me, come in un sogno, i luoghi dove ho lavorato, Italia, Inghilterra, Grecia.
Signore, benedici tutti quei libri che ho lasciato in migliaia di famiglie. Tu presto ritornerai e io ho un grande sogno: incontrare in cielo qualcuna di quelle tante persone alle quali ho parlato del tuo amore. Sicuramente mi darai questa gioia. Ora tante cose sono cambiate.
Questi piedi che hanno fatto migliaia e migliaia di chilometri, non mi reggono più. Cammino a fatica sorretta da una stampella, spesso con tanto dolore, ma ti ringrazio perché mi dai la forza e la serenità di andare avanti. Vorrei tanto vedere il tuo ritorno! Allora i miei piedi torneranno a camminare e a correre come e meglio di prima. Grazie, Gesù, per quanto hai fatto per me e per la forza che mi dai di restarti vicino e di amarti tanto”.
Dora Bognandi
(Tratto dal libro Libere donne in libera chiesa, a cura di D. Bognandi, L. Ferrara e F. Zucca, Adv, 2015, pp. 79-82).