160 anni di Missione. Catherine Revel è stata la prima avventista in Italia
Quest’anno la Chiesa Avventista del Settimo Giorno celebra 160 anni di attività missionaria nel mondo. Vogliamo commemorare questo anniversario anche noi dei Ministeri Femminili, ricordando alcune donne che sono state pioniere del messaggio avventista qui in Italia. La loro opera missionaria ha permesso alla luce della Bibbia di brillare in un’epoca in cui la Scrittura era praticamente sconosciuta ai più. Noi donne di oggi siamo sulle spalle delle donne che ci hanno preceduto e le cui storie possono ispirarci a continuare la loro eredità.
Catherine Revel, nata Gaydou il 23 novembre 1830, nelle Valli valdesi del Piemonte, poteva vantare profonde radici valdesi che risalivano al XVII secolo. Catherine sposò Barthélemy Revel ed ebbero due figli, Barthélemy (1852-1931) e Méry (1859-1946). Educata secondo i principi cristiani, fino all’età di trentacinque anni Catherine fu una fervente valdese. Nel 1864 divenne avventista, la prima convertita conosciuta in Europa.
Nell’estate del 1864 giunse a Torre Pellice un missionario avventista polacco, ex frate francescano, e vi trovò alloggio.
Si era convertito al protestantesimo a Ginevra e aveva accettato il messaggio avventista negli Stati Uniti. Poco dopo aveva espresso ai dirigenti della Chiesa avventista del settimo giorno la richiesta di tornare in Europa per iniziare la proclamazione del messaggio avventista, fino ad allora limitato geograficamente al solo Nord America. I dirigenti dell’epoca, però, non ritennero di essere ancora sufficientemente preparati per un tentativo missionario fuori dagli Stati Uniti. Egli allora si rivolse a un altro gruppo avventista, la Advent Christian Church (i cui membri osservavano la domenica come giorno di riposo), riuscendo a ottenere il tanto sospirato finanziamento per tornare in Europa assieme alla famiglia e a una segretaria appartenente a questo gruppo religioso. Questo missionario era Michael Belina Czechowski (1818-1876).
Arrivato a destinazione, Czechowski iniziò la sua predicazione sentendosi libero da ogni legame nei confronti di coloro che lo avevano aiutato ad arrivare in Italia. Inviato da un’organizzazione ecclesiastica, ne accettò gli aiuti economici, ma ne rifiutò, anche se non totalmente, il contenuto teologico. Predicò con particolare cura l’osservanza del sabato come giorno di riposo.
A Torre Pellice, Czechowski aveva preso in affitto un locale per iniziare la sua opera di predicazione, ma dovette presto cambiarla, e così tenne le sue conferenze-conversazioni nel Comune di Luserna San Giovanni. Catherine Revel, che abitava più in alto a circa 700 metri di altitudine, frequentò assiduamente le riunioni e ben presto comprese la necessità di osservare il sabato al posto della domenica, in conformità al quarto comandamento del decalogo. Prima di decidersi definitivamente, però, volle sentire il parere di un anziano della sua comunità di origine che le disse: “Attenendosi alla lettera delle Scritture, è sicuramente il sabato che bisognerebbe celebrare, ma i nostri padri, che tanto hanno sofferto per la loro fede, non hanno creduto di dover operare un tale cambiamento. E Dio ha accettato la loro obbedienza. Dunque, non è necessario modificare le nostre abitudini su questo punto”.[1] Poco soddisfatta della risposta, Catherine Revel iniziò a osservare il settimo giorno come giorno di riposo e di culto. Come lei, altri fecero la stessa scelta.
Barthélemy Revel, marito di Catherine, si era inizialmente unito al gruppo degli osservatori del sabato; non potendo, però, sopportare a lungo le contraddizioni del gruppo che si era formato, arrivò persino a proibire a Czechowski di entrare in casa sua; per questo la moglie non poté ricevere il battesimo dall’ex frate francescano, e fu successivamente battezzata da un pastore battista, pur rimanendo fedele al sabato e alla dottrina accettata.
Circa vent’anni dopo si formò la comunità avventista di Torre Pellice, a seguito della testimonianza del missionario Daniel T. Bordeau (1835-1905), e Catherine Revel ne rappresentò l’anima ardente per moltissimi anni. Da questa chiesa è stata irradiata, e continua a esserlo tuttora, la potente luce del Vangelo.
Catherine Revel ha dominato con la sua fede l’inizio dell’opera avventista in Italia, anche se per molti anni è rimasta la sola credente.[2] Le relazioni con i pionieri dell’opera avventista nella vicina Svizzera furono frequenti e, di tanto in tanto, Catherine ricevette la visita di stranieri fratelli stranieri provenienti dalla lontana America. Tra questi possiamo citare John Nevins Andrews, N. Stefen Haskell e Buel Landon Witney. Ellen G. White visitò l’Italia settentrionale in tre diverse occasioni: dal 26 novembre al 18 dicembre 1885, dal 16 al 29 aprile 1886 e dal 3 al 19 novembre 1886.[3] Durante questi soggiorni dedicati alla predicazione, ebbe modo di conoscere sia Catherine Revel sia sua figlia Méry (1859-1946).
Il nipote di Catherine, Alfred Felix Vaucher, divenne professore di teologia dogmatica presso il Seminario teologico avventista di Collonges-sous-Salève, in Francia, e insegno a tre generazioni di pastori e missionari avventisti.
Catherine Revel è rimasta fedele per tutta la sua lunga vita ai principi della Chiesa avventista, vivendo nella beata speranza del ritorno glorioso del suo e del nostro Salvatore Gesù Cristo. Nel dare la notizia della sua scomparsa, il 6 gennaio 1930, Il Messaggero Avventista ha pubblicato il suo necrologio, definendola un baluardo dell’avventismo in Europa.[4]
Tratto dal capitolo “Catherine Revel. Baluardo dell’avventismo in Europa”, di Giovanni De Meo, pp. 14-18, del libro Libere donne in libera chiesa. 150 anni di presenza femminile avventista in Italia, a cura di Dora Bognandi, Lina Ferrara, Franca Zucca, ADV, Firenze, 2015.
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[1] A. F. Vaucher, Mon Expérience, cartella n. 1. Si tratta di un documento di sei cartelle dattiloscritte, dense di nomi, date, avvenimenti e personaggi.
[2] Giuseppe De Meo, Granel di sale, Claudiana, Torino, 1980, p. 73.
[i3] Robert W. Olson – Giuseppe De Meo, Ellen White in Europa, Edizioni ADV, Falciani – Impruneta (FI), 1987.
[4] Chiesa di Torre Pellice, Necrologia, in Il Messaggero Avventista, Anno V, n. 2, Marzo – Aprile 1930, p. 15.